Quante persone con i loro pensieri e le loro cose da risolvere diverse ma simili alle nostre ci passano accanto, ci servono al bar o al bancone della gastronomia, ci lasciano la multa sul cruscotto o si fermano alle strisce pedonali per farci passare.
Tante cose che crediamo personali e per questo cariche di sofferenza se versate in questa “grande tazza” di vite umane, possono sciogliersi come miele nel latte.
Quante volte qualcosa nel profondo si é alleggerito sentendo che il tuo problema era lo stesso di un’altra persona e quella stessa persona ti diceva che comprendeva quello che stavi passando poiché semplicemente vi era passata anche lei.
A me é successo, e forse credo che il motivo sia che per qualche istante non ci si senta più soli o quantomeno si esce fuori dall’illusione di essere soli poiché più di tutti a fare paura e a generare sofferenza é il senso di solitudine, il senso di essere dei solitari con il proprio problema e separati non solo dagli altri ma da un qualcosa di più grande, da un’origine, da una fonte che possiamo chiamare in mille modi e dalla quale siamo venuti (e chissà forse vi ritorneremo finito questo viaggetto di tot primavere).
Il punto quindi è sempre la separazione da noi stessi che inevitabilmente ci fa separare dagli altri e ci pone nella pozzanghera stagnante del personale e povero piccolo me.
Ma non possiamo escludere questa esperienza di separazione che sovente e in fasi alterne si manifesta nel quotidiano e nelle più piccole cose.
Quindi questa esperienza, quando si manifesta, ci offre la possibilità della pratica, dello stare nella sofferenza fisica che si muove nel corpo con cura e come si può.
Forse é da questo stare che si ritorna a sentire l’unione con se stessi e quindi con gli altri e forse poi tutte queste parole che ho scritto, si riducono come sempre a quell’essenza semplice e umile insita nell'essere Presenti e nell’ ascolto di se stessi e quindi della fonte.
Serena giornata a noi e agli "altri che siamo sempre noi"
-Ale
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