Certe volte accade che il dolore pernotti da te per giorni, settimane se non mesi.
Comodo sul lettino e con il suo cocktail preferito a portata di mano, si annida in te e non se ne va, rimane lì nonostante le tue imprecazioni, i tuoi scongiuri e certe volte nonostante le tue lacrime.
Rimane lì nonostante il tuo sfogo con le persone più care e con i tuoi amici, che si servirà un po' a lenire quella sensazione fastidiosa che però poi ritorna presente dopo poco tempo venendo a dormire con te la notte e alzandosi con te la mattina.
Umanamente si cerca di guarire il dolore, di trovare una soluzione, di uscirne fuori ed è spesso questo umano soluzionare che ci fa aggiungere altro dolore al dolore.
Ma cosa accade se comprendiamo profondamente che l’esperienza che ci tocca vivere qui e ora è quella del dolore?
Cosa accade se ci lasciamo toccare dall’esperienza senza schizzare fuori in un futuro in cui starò meglio o rimpiangendo il passato in cui stavo bene?
Accade che non vi é più la separazione dall’avvenimento, dal presente e cosa più importante da te stesso o da te stessa poiché la separazione qualunque essa sia, anche quando motivata da una giusta aspirazione alla guarigione porta con sé la sofferenza e l'irrequietezza. L’irrequietezza di essersi separati da qualcosa di più vasto che è sempre lì nonostante l’intensità dell’esperienza.
Quindi quando ci lasciamo entrare totalmente nell’esperienza, stando sulla sensazione fisica della densità, lasciando da parte ogni aspettativa di guarigione, tocchiamo una pace più profonda, un ascolto più profondo di noi stessi che fa emergere una gentilezza nuova e sensibile.
Quella gentilezza che ti fa comprendere profondamente il vero senso del dolore e paradossalmente te ne fa essere grato e grata. Quella gentilezza che porta con se la santa pazienza di stare come si può con quello che ci tocca vivere.
-Ale

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