Arriveranno tempi migliori?
Tempi senza frontiere, separazioni e più umanità fra gli umani?
Una macro domanda utopica che ogni tanto mi pongo solitamente di notte sotto le coperte mentre fisso il soffitto e sempre mentre fisso il soffitto spesso mi pongo la stessa domanda però versione micro…ossia “Arriveranno tempi migliori per me?”, Alessandri migliori, con meno paranoie mentali e difetti, dotati di più sfacciataggine, prosperità e camicie floreali.
Uno umanamente credo se la faccia questa domanda ogni tanto no?
Una pesca speranzosa fra le acque incerte del futuro.
Chiedere al futuro qualcosa che qui in questo presente non c’è, trasformando quindi l’unico momento che la vita ci sta regalando, ossia il presente, in un “contenitore di mancanza” e la mancanza che appare come sensazione fisica nel corpo spesso non la si vuole sentire e per non sentirla andiamo con tutta l’attrezzatura da Carpfishing a pesca nel futuro, generando nuovi sequel di “Ritorno al Futuro” (io credo che sarò arrivato a “Ritorno al Futuro per la duemila quattrocento cinquantesima volta”).
Oltre a tuffarci nel futuro ci tuffiamo anche nel lavoro, nel fare più intrepido o nelle più interessanti relazioni, pur di colmare quel vuoto divoratore di galassie che invece è lì per farsi accogliere.
Io credo che ogni tanto questo povero “Vuoto” che ripudiamo e rifuggiamo qualche domanda se la fa del tipo: “ma che vi ho fatto di male per meritarmi la vostra tremenda indifferenza?”.
Penso che il ripudio del Vuoto sia la causa scatenante dell’80% delle diatribe che accadono su questo pianeta e del 98,2% del cantautorato italiano, quindi io da umile umano che vuole lasciare al prossimo un mondo migliore se posso due minuti al giorno li dedico ad ascoltare la voce della mancanza quando e se parla, sperando di diventare un giorno un Alessandro migliore (cazzo ci sono ricaduto..)
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