Escludere la sofferenza dalla nostra vita è come girare un film di Indiana Jones senza Harrison Ford, è una pretesa grande e utopica simile a quella del fare una buca nella spiaggia per contenere tutto l’oceano.
Spesso si crede che un percorso spirituale o che meditare bypassino o cancellino la sofferenza dalla nostra esistenza e credenza ancor più radicata è che un Maestro non soffra o quanto meno sia esente dalla sofferenza poiché “illuminato”.
Non cito i numerosi casi di svariati Maestri che attraversarono l’inferno dantesco sotto i vari punti di vista sia esterno che interno.
Sento quindi che al di là delle credenze e dei luoghi comuni vi sia la possibilità di una resa totale al fatto che la sofferenza, così come gli altri e bassi della vita, il susseguirsi delle stagioni o del giorno alla notte, fa parte dei movimenti naturali dell’esistenza, di un disegno divino così grande che non conosciamo ma che possiamo sentire nel nostro cuore quando entriamo nell’umana densità con tutto il nostro essere.
Quell’entrare con resa e compassione in ciò che ci tocca vivere qui e ora ci fa diventare i maestri di noi stessi, ci fa diventare maestri di compassione e umiltà.
Certo accadrà umanamente di non accogliere, di dire di no o di aggiungere dolore all’altro dolore, ma questa esperienza accadde anche ai Maestri che ho citato poc’anzi.
Quindi credo sia questo il tempo di far cadere molti castelli di sabbia e di ritornare a quella semplice e genuina umiltà che si prende cura del qui e ora e che nonostante gli alti e bassi della vita ci rende degli esseri umani sereni.
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