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Perché anche se medito quella densità emozionale non se ne va?

Immagine del redattore: Alessandro AchilliAlessandro Achilli

Forse è questa stessa domanda che la mantiene e che ahimè certe volte la fa anche amplificare.

La densità quando appare o quando un evento interno o esterno ce la porta sotto gli occhi diventa spesso come un gatto randagio che ti entra dentro casa mentre lasci le finestre aperte per arieggiare, (non so se vi é mai capitato...a me si).

La densità diventa un ospite indesiderato da cacciare via, il compagnuccio di classe che non vuoi al tuo compleanno. Insomma diventa un problema da risolvere e spesso da nascondere sotto il tappeto del fare, spesso frenetico. (ma quanto mi piace l’esempio del tappeto).

Sarebbe interessante vedere questi intensi venti emozionali non come sciagure o come gatti randagi da cacciare, ma come amici che ti vengono a trovare e con cui avevi “sdimiciato” (antico termine sanscrito che sta a significare la fine di un amicizia) e che ti chiedono di fare pace.

Certo quando poi nella vita ti ritrovi invischiato o invischiata in queste ragnatele, entrare nell’ottica dell’accoglienza non é sempre la prima scelta, ma perché non iniziare dalle piccole sensazioni fisiche per poi scoprire che una nuova via di pace è possibile?

Scoprire che quella parte di te che “riverbera di densità” vuole solo il tuo ascolto.

Buona pratica a tutti noi

-Ale



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